Accogliere il dolore: implicazioni psicologiche nel paziente affetto da dolore cronico, ascolto e alleanza terapeutica
Sabato 30 marzo, al centro Ippocrate di Castelnuovo Garfagnana, si terrà un incontro aperto a tutti i cittadini dal titolo “Conoscersi per informarsi”, a cura della dottoressa Daniela Melchiorre, reumatologa e presidente della Società Medico Chirurgica Lucchese, e della dottoressa Giulia Verdigi, psicologa clinica che ci introduce al tema con l’interessante e accurato contributo che postiamo di seguito.
“La IASP (International Association for the Study of Pain – 1986) definisce il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole correlata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta di danno”.
Si intende dolore cronico, secondo la definizione IASP, quando la sua esperienza persiste al di là del tempo ragionevole di un normale decorso di malattia.
In una più recente ottica associata al modello biopsicosociale, si considera l’esperienza di dolore in una più ampia concezione multimodale, ovvero considerando non solo l’aspetto eziologico e patogenetico del quadro clinico che la determina e caratterizza ma prendendo in considerazione anche le correlazioni emotive, cognitive e sociali implicate in essa.
Il paziente affetto da dolore cronico fa esperienza di vissuti d’angoscia, di paura, di ansia per la condizione presente e per l’incertezza del futuro, frustrazione, isolamento sociale e depressione.
Riguardo quest’ultima, un più attuale interesse ha portato a numerosi studi che hanno cercato di chiarire il rapporto tra dolore cronico e disturbi dell’umore.

Alcuni di essi si sono concentrati sullo studio delle correlazioni neuroanatomiche dimostrando come l’esperienza dolorifica possa determinare una sensibilizzazione delle aree corticolimbiche deputate alla elaborazione affettiva ed emotiva e di conseguenza una amplificazione della risposta allo stimolo dolorifico con possibili risvolti psicopatologici (Rome & Rome,2000; Lopez-Sola et al, 2010; Sheng J. Et al, 2017).
Non vi sono, ad oggi, evidenze univoche riguardo ai meccanismi d’interazione tra dolore e depressione e questo comporta un limite nella pratica clinica, ma è sicuro che tra le due intercorra un rapporto bi-direzionale da tenere in considerazione per una più completa presa in carico.
La componente psicologica nel dolore risulta essere importante, non solo perché alcune caratteristiche di personalità e vissuti psicologici concorrono a consolidare ed aumentare la percezione del dolore ma anche perché, come è noto, la capacità di controllo cognitivo è un valore aggiunto per una buona gestione della malattia e relativa osservanza della terapia. Le teorie cognitive sullo stress sottolineano questo concetto, laddove il dolore è percepito come stressor, la percezione di saper fronteggiare e gestire la propria condizione clinica, le cosiddette strategie di coping, nella malattia risulteranno indispensabili al paziente (Lazarus,1993; Lazarus e Folkman,1984).
Gli sforzi cognitivi e comportamentali che il paziente attiva rappresentano tentativi di ridurre il dolore e lo stress dolore correlato e si dimostrano importanti risorse per la gestione della propria condizione clinica.
Di conseguenza, creare una relazione medico-paziente che sia quanto più accogliente ed empatica assumerà una straordinaria rilevanza in termini di cooperazione e costruzione di una buona alleanza terapeutica.
Il rapporto tra le due parti protagoniste può essere definito come una vera e propria partnership, un contesto in cui lo specialista porta le proprie competenze coinvolgendo il paziente nella strategia terapeutica attraverso informazioni circa la patologia e il suo trattamento, gli obiettivi dello stesso, eventuali interazioni ed effetti collaterali; instaurando un legame di fiducia, incoraggiamento e supporto che ponga il paziente come protagonista nella scelta terapeutica per migliorare la sua aderenza e aumentare il senso di responsabilità diretta rispetto all’osservanza della stessa.
L’incertezza e l’insicurezza rispetto al risultato atteso rendono difficile il confronto con l’esperienza del dolore e ne diminuiscono la soglia di tolleranza, aumentando così l’ansia, la rassegnazione. In questi termini si instaurerà un circolo vizioso che interferirà con la buona compliance del paziente.
In conclusione, in un percorso assistenziale che coinvolge più figure professionali in un’ottica di presa in carico multidisciplinare, l’approccio integrato al paziente è indispensabile; in particolare nel campo della terapia del dolore la negoziazione tra le parti che tenga in considerazione l’ascolto delle esigenze, la possibilità di accoglienza e gestione di paure e preoccupazioni e la condivisione del percorso di cura diventa elemento essenziale di un processo assistenziale efficace.”
Bibliografia
Baliki MN, Chialvo DR, Geha PY, Levy RM, Harden RN, et al. (2006) Chronic pain and the emotional brain: specific brain activity associated with spontaneous fluctuations of intensity of chronic back pain. J Neurosci 26;
- J. Cohen, E. Quarta, R. Bravi, A. Granato, and D. Minciacchi, “Neural plasticity and network remodeling: from concepts to pathology,” Neuroscience, vol. 344, pp. 326–345, 2017.
Jiyao Sheng et al., The Link between Depression and Chronic Pain: Neural Mechanisms in the Brain, Neural Plasticity, vol. 2017
Lopez-Sola M, et al. Dynamic assessment of the right lateral frontal cortex response to painful stimulation. Neuroimage. 2010;
Rom, H.P.,& Rome J.D.(2000), Lymbically augmented pain syndrome(LAPS): kindling, corticolimbic sensation and the convergence of affective and sensory symptoms in chronic pain disorders, Pain Med,1(1),7-23
- Li and L. Hu, “The role of stress regulation on neural plasticity in pain chronification,” Neural Plasticity, vol. 2016
Dott.ssa Giulia Verdigi
Psicologa clinica e della salute
Comment (1)
È stata una iniziativa importantissima. La ripeteremo