Lo spettro autistico come dimensione transnosografica

Lo spettro autistico come dimensione transnosografica

In occasione della Settimana Mondiale del Cervello e in vista della Giornata Mondiale sull’Autismo pubblichiamo un interessante e innovativo contributo a firma di Liliana Dell’Osso e Barbara Carpita

Lo spettro autistico come dimensione transnosografica

di Liliana Dell’Osso e Barbara Carpita

Il disturbo dello spettro dell’autismo si presenta con delle caratteristiche cliniche peculiari, che interferiscono in modo significativo con l’emergere e lo svilupparsi delle funzioni neuropsichiche. Si caratterizza per una marcata e persistente compromissione della comunicazione verbale e non verbale e dell’interazione sociale, con deficit della reciprocità socio-emotiva, da cui conseguiranno difficoltà di adattamento al contesto sociale, nonché nell’instaurare rapporti di condivisione con gli altri. Spesso il soggetto mostra difficoltà nel comprendere emozioni, sentimenti e pensieri altrui, nel creare una “teoria della mente dell’altro” che gli permetta di inferire sui suoi stati d’animo e prevedere le sue reazioni. Vi sarà un pattern di interessi ristretti e stereotipati, comportamenti idiosincrasici e ripetitivi, che possono compromettere gravemente il funzionamento del soggetto ma anche, nei casi più lievi e senza compromissione intellettiva, essere la spinta per lo sviluppo di capacità fuori dal comune in specifici ambiti.

Sebbene per fare diagnosi i sintomi debbano essere presenti nel periodo precoce dello sviluppo – ed infatti l’autismo viene comunemente associato all’età infantile, benché naturalmente sia una condizione che si protrae per tutta la vita del soggetto – talora possono non esservi manifestazioni di intensità elevata sin dall’infanzia, durante la quale i casi meno gravi possono venire fraintesi come infantilismi o caratteristiche personologiche. D’altra parte nell’adulto una sintomatologia di grado lieve può venire mascherata da strategie di adattamento sociale apprese durante lo sviluppo. Questo aspetto ha fatto sì che molti casi restassero spesso misconosciuti, magari diagnosticati soltanto in età adulta, quando il paziente si presentava all’attenzione clinica per altri sintomi di interesse psichiatrico, con i quali il disturbo dello spettro dell’autismo spesso si complica. Vi è infatti tanto un’aumentata vulnerabilità per lo sviluppo di disturbi in comorbidità, che una maggior suscettibilità verso gli stressors ambientali, che favorisce l’instaurarsi di sintomi post-traumatici anche a seguito di eventi vitali di moderata entità, ma ripetuti nel tempo. Talora i sintomi del disturbo per il quale è richiesto l’intervento mascherano la sottostante sintomatologia autistica, e si avranno così quadri resistenti al trattamento e con più alto rischio di prognosi infausta, sino al suicidio, che risulta più frequente tra questi pazienti.

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Liliana Dell’Osso Direttore UO Psichiatria, Prof Ordinario, Direttore Scuola Specializzazione Università di Pisa

Bisogna inoltre aggiungere che anche tratti subclinici, sfumati, di tipo autistico, sembrano costituire un terreno predisponente per lo sviluppo di quadri psicopatologici di diverso tipo. Secondo un approccio dimensionale alla psicopatologia, i disturbi psichici sarebbero da intendersi come un continuum sfumato tra normalità e malattia, e non come un fenomeno del tutto o nulla, nel quale siano da prendere in considerazione solo i quadri clinici conclamati. Il modello di spettro, sviluppato dalla Scuola di Pisa in collaborazione con altre Università estere, insiste sull’importanza, in un’ottica tanto di qualità della vita che di possibili fattori di rischio, anche dei tratti sfumati, di quel corteo di sintomi atipici o isolati che possono restare tali od essere in realtà manifestazioni prodromiche o residue di un quadro a piena espressività psicopatologica. Come abbiamo visto, il disturbo dello spettro dell’autismo presenta, anche nelle sue manifestazioni conclamate, un range di variabilità piuttosto ampio nella sua gravità e nelle sue caratteristiche.

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Dottoressa Barbara Carpita

Recentemente la Scuola di Pisa, sulla base di precedenti studi scientifici, ha proposto un modello di spettro dell’autismo nell’adulto, secondo il quale dimensioni quali l’ansia nelle situazioni sociali, la ruminatività spiccata, gli interessi pervasivi, la goffaggine, l’anedonia o il deficit di empatia, potrebbero rappresentare una sorta di “nucleo” comune a molte patologie psichiatriche.

Da questo punto di vista, è stato proposto che un’alterazione del neurosviluppo possa costituire un fattore di vulnerabilità, un comune denominatore sotteso allo sviluppo della maggior parte dei disturbi mentali, come suggerito, oltre che dalla sovrapposizione sintomatologica, dalla familiarità condivisa e dall’aggregazione genetica. La sottostante condizione di neuroatipia cerebrale potrebbe andare incontro a gradi di espressività diversi, coinvolgendo circuiti cerebrali differenti e dando luogo a disturbi diversi in quanto a presentazione clinica: si parla, dunque, di una nuova, possibile teorizzazione dei disturbi psichici come “globalopatie”, secondo cui alla base delle sindromi pischiatriche non vi sarebbe un’alterazione di un singola tipologia di circuiti, come a lungo è stato ritenuto, ma dell’intero assetto cerebrale.

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